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ME NE ANDRÒ COME I FIORI
di Anonimo Azteco

Me ne andrò come i fiori che perdono i petali?
Nulla resterà del mio nome?
Nulla della mia fama, qui sulla terra?

Almeno i miei fiori, almeno i miei canti
restassero qui sulla terra,
luogo d'un momento fugace!

Accade così anche nel luogo
dove - chissà come! -
sempre continueremo a vivere?

C'è in quel luogo gioia, amicizia?
Oppure soltanto qui sulla terra
siamo venuti a conoscere i nostri volti?

La traduzione e la nota dei componimenti appartenenti alle culture precolombiane, sono state curate da Giorgio Mario Manzini, antropologo e studioso delle culture indigene americane. Pur rivivendo tradizioni ed espressioni spesso assai antiche, in parte questi testi furono redatti poco prima della Conquista, in parte raccolti e rimaneggiati da interpreti spagnoli, per lo più ecclesiastici, nei secoli XVI e XVII. Nella consapevolezza poetica che le nostre fattezze umane - i fiori, i canti - sono caduche, sta la sintesi azteca della condizione umana. Su questo fondo, al tempo stesso estetico ed etico, si comprende la visione del mondo e la scala dei valori che distinguono la cultura azteca dalle altre culture indigene americane. La poesia è tratta da M.L. Portilla, Las literaturas precolombinas de México. Ed. Pormaca, México 1964



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